Ugo e Giovannino
Vite parallele
Chi partendo da Parma imbocca una delle strade che vanno a nord, verso il Po, si trova poco dopo in quella terra piatta e senza limiti che viene chiamata “la Bassa”.
È una distesa infinita di campi, rimasta in gran parte dedita all’agricoltura, dove il sole picchia d’estate e la nebbia, d’inverno, regna sovrana, una terra ricca di storie in gran parte diventate leggende, dove sono nati o hanno vissuto personaggi straordinari, la cui fama è andata ben oltre gli argini che la abbracciano seguendo il corso di vari torrenti. Toni Ligabue, il pittore folle, in una baracca in riva al Po, dipingeva foreste e animali che non aveva mai visto, Giuseppe Verdi, nella campagna vicino a Busseto, componeva le sue melodie immortali e Peppone e Don Camillo continuano ancora oggi a rincorrersi perché non possono stare l’uno senza l’altro.
Giovanni Faraboli (nella foto), un capopopolo di umili origini, all’inizio del secolo scorso, operando in un piccolo villaggio di nome Fontanelle, era riuscito a dare dignità a povera gente oppressa con la creazione di un complesso di cooperative, che la furia fascista distrusse nel 1922. Dovette fuggire con i suoi collaboratori in esilio in Francia, nella zona di Tolosa, dove riuscì miracolosamente a realizzare altre iniziative. Dopo la guerra gli fu eretto un monumento nella piazza del paese e chi oggi lo vede rimane senza parole: il suo busto è quello di Peppone. E qui comincia la nostra storia, facendo però un passo indietro.
Il 1° Maggio 1908 nacque a Fontanelle, in una casa del centro, Giovannino Guareschi, figlio della maestra e di un commerciante i cui affari avevano un andamento oscillante. La notizia si sparse per il paese e Faraboli si recò dalla puerpera e si affacciò alla finestra a mostrare il neonato alla gente festante. In un commovente racconto in ricordo di Faraboli, Giovannino dopo tanti anni scrisse: «Quel magico mattino del 1° Maggio 1908 io guardai quella chiara e onesta faccia senza vederla, ma la ritrovai anni ed anni dopo, pitturata nel mio cervello tale e quale».
Sempre a Fontanelle, il 24 giugno 1909, nacque Pietro Bianchi (Pietrino), cugino di Giovannino, giornalista, saggista dalla cultura sconfinata e padre prestigioso della critica cinematografica. L’anno successivo, in una casupola in riva al fiume Taro, nacque Ugo Pizzi, mio padre, figlio di un modesto calzolaio, in una famiglia numerosa che, stando unita, riusciva in qualche modo a sbarcare il lunario con lavori saltuari.
La storia di Giovannino è nota: rimase a Fontanelle fino al 2014, quando la sua famiglia si trasferì a Parma, ma aveva fatto in tempo ad assorbire gli umori della Bassa ed e a comprendere i suoi personaggi. Mantenne sempre un rapporto affettuoso con il paese di origine, dove continuò a recarsi per tutta la vita.
Frequentò il Liceo classico, ebbe contatti con giornalisti famosi (per tutti Cesare Zavattini) entrò nel giornalismo prima a Parma e poi a Milano, si trovò a suo agio nell’umorismo e nella satira. Fu poi ingoiato nella fornace della guerra e dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943 si rifiutò di combattere per la repubblica di Salò e venne inviato in campi di concentramento in Polonia e poi in Germania. Tornò alla fine della guerra che pesava 40 chili.
E Ugo? È possibile che da bambino abbia avuto contatti con Giovannino e sicuramente è stato in classe con Pietrino Bianchi (una foto lo documenta), fece il giovane da muratore, coltivò una vera passione per la pesca nel fiume Taro, dove ha sempre avuto una barca.
Una vita modesta in una famiglia povera, come tanti allora. Anche lui fu ingoiato nella fornace della guerra: fu richiamato alle armi e catturato dagli Inglesi nel corso dello sbarco in Sicilia. Fu inviato nelle isole Orcadi, nel campo 60 di Lamb Holm. È probabile, anche per il mestiere che faceva, che abbia contribuito alla costruzione della Cappella Italiana, oggi simbolo di pace e speranza per l’umanità intera, conosciuta anche come Il miracolo di Lamb Holm. È presumibile che abbia avuto contatti con Domenico Chiocchetti, ideatore e artefice della Cappella, nei pressi della quale appare in una foto reperita non molti anni fa nell’archivio di Kirkwall. Tornò a casa nel febbraio del 1946, così come Domenico.
Dove sta la correlazione con Giovannino Guareschi? In uno sguardo.
Ugo Pizzi e Giovannino Guareschi.
Entrambi, all’inizio della prigionia, furono fotografati con il numero sul petto. Sono le due foto che ho abbinato e che allego. Quasi si somigliano, hanno la stessa espressione e lo stesso sguardo triste ma fermo, che ti penetra dentro. Il destino, che li aveva fatti incontrare nella prima giovinezza, li aveva di nuovo posti in situazioni simili, che stavano affrontando con la morte nel cuore al pensiero dei famigliari lontani.
Alberto Guareschi, figlio di Giovannino, vedendo le foto, ne è rimasto impressionato e mi ha scritto che «lo sguardo dei nostri padri fa male al cuore, decisi a resistere a qualsiasi costo; il loro ricordo ci accompagna sempre, persone che non hanno rinunciato alla loro dignità ed hanno aiutato i compagni di sventura a non abbandonare mai la speranza».
Giovannino Guareschi in visita all’asilo di Fontanelle.
Giovannino Guareschi, dopo la guerra, è diventato lo scrittore italiano più famoso nel mondo, è passato attraverso vicende dolorose che ha sempre affrontato con la dignità di uomo della Bassa ed è sempre rimasto legato al suo paese. Scrisse: «Il luogo dove son nato mai si cancellerà dalla mia mente». Ugo ha fatto il muratore ed il pescatore, non facendo mai mancare nulla alla sua famiglia e riuscendo a far studiare i suoi due figli fino alla laurea. Sulla sua lapide c’è un’immagine dell’Italian Chapel. Nella piazza di Fontanelle c’è il monumento a Faraboli e guardandolo si capisce chi era Peppone. Più controversa è la figura di Don Camillo. C’è chi dice che in un villaggio vicino c’era una volta un pretone dalle grandi mani, che appunto chiamavano “Don Manassa”. Forse era lui.
Immagino Pietrino Bianchi nell’aldilà, ovunque si trovi, osservare il tutto con un sorriso sornione, per il quale era famoso, con un tenue sottofondo di una melodia di Peppino Verdi.
E le storie e le leggende della Bassa continuano a mischiarsi e confondersi.
Alberto Pizzi, Aprile 2025
Lamb Holm, ca.1943: gioco delle bocce al Campo 60. Ugo Pizzi nel dettaglio, indicato dalla freccia. Domenico, con il berretto, al centro del gruppo.