Il valore della memoria
Lettera di Ceslo Santini a Domenico Chiocchetti
Savona, 8/7/1960
Caro Chiocchetti,
molte volte mi sono domandato come erano finiti gli amici e compagni di prigionia del campo 60 di Lamb Holm. Arduo è il compito di rintracciarne qualcuno, perché dopo la guerra molte cose sono cambiate e tutto ciò che si riferisce alla vita di prigionia, spesso e volentieri, si dimentica, anche se qualche periodo di quella vita, per un motivo o per l’altro, non si riesce a scacciarlo dalla memoria.
Io molte volte ho ricordato almeno coloro con i quali si era più legati da un affetto particolare dovuto, magari, ad un’attività speciale svolta nel campo. Io per esempio ho vivo il ricordo di te, perché recitavo nella compagnia “settentrionale”, ricordi? Ve ne era anche una formata dai “terun” (Meridionali, ndc). Tu dirigevi la compagnia, e dipingevi le scene, Sforza, il ternano (nato a Terni, compare alla fisarmonica anche nella foto successiva, ndc), ne era il capocomico, ed io modestamente ero il primo attore.
Se ci penso mi scappa da ridere, eppure quante ore liete e spensierate abbiamo trascorso su quella ribalta. Io entravo in scena con la chitarra, appoggiavo il piede sullo sgabello e attaccavo l’Ideale di Tosti che, se solo un parente lontano di Tosti mi avesse sentito mi avrebbe fucilato. Eppure questo bastava per dimenticare, sia pure per poco, i nostri guai. Poi tu ti buttasti anima e corpo alla costruzione della chiesetta e ci abbandonasti, ma forse più di noi trovasti modo di dimenticare la triste vita.
La chiesetta nell’estate 1944: aiuole fiorite e p. Giacobazzi, cappellano militare.
Ora a distanza di molti anni la vecchia e cara chiesetta ti ha dato modo di farti conoscere e, a quel che sento, mezza Italia e mezza Inghilterra ha parlato e sta parlando di te. Bravo Chiocchetti, ne sono contento perché lo meriti. Dopo la parentesi di Skipton, ognuno ritornò alle proprie case e ci perdemmo, ciascuno per suo conto, nel tentativo di farsi una famiglia e recuperare in parte il tempo perduto. Da allora io non ho mai più visto né sentito parlare di qualcuno di noi, solo una volta si presentò a casa mia Burlando, il genovese impareggiabile meccanico che aggiustava le macchine dell’impresa a Lamb Holm, ricordi? Poi persi di vista anche lui, forse perché nel ’48 mi misi a battere il mare e navigando ebbi per quattro volte l’occasione di sbarcare in Inghilterra ma sempre in posti troppo lontani dai luoghi che conoscevo.
Tempo fa, sfogliando il settimanale “Gente”, mi capitò sotto gli occhi la foto tua e della tua famiglia, ebbene, tu non ci crederai, prima di leggere l’articolo che riguardava te e la chiesa, rimasi qualche minuto a fissare la tua immagine, perché, anche senza sapere di cosa si trattava, riconobbi immediatamente il tuo viso e ti posso assicurare che gli anni sono passati ma tu non sei cambiato affatto.
Lamb Holm 1942, Campo 60: seduti, da sinistra, Chiocchetti, Sforza e Celso Santini.
Appena mi resi conto che si trattava proprio di te in un baleno lessi l’articolo e una commozione mi prese al ricordo di quei giorni e se, una volta feci di tutto per dimenticare quel periodo di vita, questa volta volli ricordarlo giorno per giorno fino dove era possibile, e cominciai da quel giorno che sbarcammo nell’isola nuda e cruda come Dio l’aveva creata, nemmeno le baracche erano pronte, ricordi? E il fango del campo, che arrivava al ginocchio, senza luce, e quel che era peggio senza mangiare. Allora non ci perdemmo d’animo, incominciammo a riempire l’isola di lacci per catturare i conigli selvatici che il dottore Gerbino Rocco, con la scusa che erano malati, sistematicamente ci sequestrava e altrettanto sistematicamente se li mangiava. Quanta rabbia allora!
A questo punto mia moglie mi vide con il giornale in mano e vedendo nei miei occhi le lacrime, volle sapere, e così, come se stessi assistendo alla visione di un film, cominciai da quel giorno e raccontai tutta la storia. Andai a rovistare e da qualche parte tirai fuori quelle poche fotografie, tra le quali quella dell’orchestra, dove ci siamo tutti e due (nel caso tu non ricordassi, io sono quello con la chitarra e con scritto POLA sul maglione).
Come vedi, caro Chiocchetti il mondo è davvero piccolo. Ti ho visto in fotografia con la tua meravigliosa famiglia e credimi, sinceramente non posso fare a meno di complimentarmi, sono contento che tutto vada per il verso giusto, perché lo meriti, io ti ho conosciuto per un bravo e simpatico ragazzo. Io sono sposato da undici anni ma non ho figli, in quanto a lavoro non mi posso lamentare, sono impiegato in banca, alla Cassa di Risparmio di Savona.
Ora non voglio rubarti altro tempo, ma credimi, questi dieci minuti di lontani ricordi mi hanno fatto veramente bene. Se vorrai scrivermi, ne sarò molto contento, spero che la tua celebrità ti consentirà di dedicarmi qualche minuto e sono certo della tua celebrità, al punto che ti invio questa lettera anche se non conosco l’indirizzo esatto, metterò solo il tuo nome e il nome del paese e sono certo che la riceverai.
A te un caro abbraccio e un rispettoso saluto alla tua famiglia
Tuo amico
Santini Celso
Accludo il mio indirizzo nel caso tu voglia rispondermi:
Santini Celso – Via G. Tissoni 3/2, Savona